VERONA. A distanza di poco più due anni dalla strage del bus ungherese in A4 (20 gennaio 2017) che portò alla morte di 17 persone tra cui undici ragazzi tra i 14 ed i 18 anni, il processo va avanti.
Si è tenuta, nella mattinata di venerdì 1° marzo 2019, l’udienza presso il Tribunale di Verona; al cospetto del giudice Luciano Gorra si è presentata, come parte civile, anche l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, nella persona del presidente Alberto Pallotti.
L’A.I.F.V.S., in virtù del lavoro forense svolto dall’avvocato Davide Tirozzi (legale delle parti lese e dell’associazione), ha citato, in proprio ed in rappresentanza delle vittime, i soggetti delle parti civili, ovvero: la ditta “Pizolit”, proprietaria del bus; A.N.A.S.; l’U.C.I. (Ufficio Centrale Italiano); Autostrade S.p.A.; la società di assicurazioni “Groupama”.
“E’ rarissimo che i responsabili civili vengano citati nelle prime fasi – afferma Alberto Pallotti –. Ora comincerà il vero processo. Noi siamo al fianco delle vittime con l’unico intento di rendere giustizia alle famiglie. Cavalcavia e guard rail sono ancora lì, pronti ad uccidere.
Autostrade deve sistemare le strade a loro affidate, allargando, in questo caso, i cavalcavia di tutta la tratta in questione perché troppo vicini al bordo della strada, passata da due a tre corsie. In termini pratici – spiega -, il guard rail è troppo vicino ai piloni e, quando esso si deforma, non disponendo dello spazio necessario per la deformazione, va ad incontrare ostacoli fissi. Inoltre, il guard rail è sistemato nella terra, invece che nel cemento e crea ancora più pericoli per la viabilità in caso di urto con mezzi pesanti.
Siamo sempre alla ricerca della verità e confidiamo nella giustizia, nel sano lavoro della procura e del giudice. Ci sono degli aspetti della vicenda che, a nostro avviso, non sono stati ancora esplorati; in breve tempo – conclude – presenteremo un esposto alla Procura della Repubblica”.